Colonie
Un viaggio nella memoria storica italiana attraverso il Paese, da nord a sud e dal tirreno all'adriatico.
...Un flashback che mi ha accompagnato lungo questa esperienza esplorativa e che, tangibilmente, è stato il primo vero contatto con le colonie, è il ricordo, quasi onirico, di un giorno d'estate dei primi anni '80, quando ho accompagnato mio cugino e mio zio (di Milano) a salutare un coetaneo ospite di una colonia estiva nella zona ponente a Cesenatico: “rinchiusi” in questi recinti, centinaia di bambini che, incuriositi, ci venivano a salutare; l'incontro si è svolto velocemente attraverso la cancellata, noi fuori e lui con tutti gli altri dentro... Avere sotto gli occhi quotidianamente queste strutture e averle viste, negli anni, vive e poi abbandonate, mi ha sempre affascinato ed incuriosito. Quando poi ho iniziato a intraprendere la fotografia in maniera progettuale, è stato naturalmente questo il primo argomento a cui mi sono dedicato.
Era il 2009 quando, in compagnia di un amico, ho fatto la mia prima esplorazione fotografica all'interno di una colonia abbandonata da pochi anni. Una emozione fortissima: un misto di paura e stupore nel vedere, finalmente, un mondo solo immaginato e sconosciuto praticamente a chiunque. Le cucine, i refettori con tutti i tavoli e sedie, le camerate con tutti i letti in fila, gli ambulatori, le lavanderie e l'immancabile chiesa.
Lorenzo Mini
Si rimane stupiti e sorpresi da questi giganti di cemento che paiono aerei, treni, navi in partenza per il mare ma che, nonostante la loro grandiosità, non disturbano lo sguardo. Ne sono state costruite a migliaia tra i monti e il mare negli anni Trenta del secolo scorso; con saloni ben areati, esposti al giusto sole e circondati dal verde, erano funzionali all’interno e all’esterno, al benessere dei bambini ospiti. “Il popolo italiano vuole essere sano” decretò Mussolini, da qui i suoi architetti si lanciarono in creazioni sperimentali e complesse che hanno fatto la storia dell’architettura contemporanea come luoghi dell’utopia. Specie quelle marine, le più grandiose che ospitavano fino a duemila bambini, hanno insegnato agli Italiani ad andare al mare facendo della villeggiatura marina un fenomeno di massa. Oggi sono perlopiù edifici in abbandono, quando non vengono sventrati e snaturati per ospitare scuole, alberghi o appartamenti o in alcuni casi addirittura demoliti per cedere i loro ampi spazi alla speculazione edilizia; con le porte e le finestre divelte, che rappresentano metaforicamente i varchi da cui man mano è fuoriuscita la loro sostanza. Assomigliano molto a parole senza più significato che attendono la loro fine. Si è trattato di un’evoluzione urbanistica a tre tappe: la prima, quella della loro costruzione e del loro uso in base alla funzione originaria; la seconda, quella dell’abbandono, dello svuotamento di significato; la terza, quella dell’attesa in cui per anni non sono state più nulla. E’ il momento in cui l’ambiente esterno entra all’interno delle vuote colonie ripassando da quei varchi da cui era fuoriuscito, cercando il senso originario, integrandole così nel modello urbanistico dominante. Settanta anni fa rappresentavano il pieno nel vuoto, oggi, per le dimensioni dell’area di rispetto che le circonda, costituiscono il vuoto nel pieno.
Arch. Massimo Bottini